Lo scopo dell’Associazione è quello di favorire lo sviluppo di una rete di competenze e conoscenze tra giovani ingegneri nel territorio cuneese. Il confronto di esperienze diverse, la possibilità di attingere in maniera proficua a competenze anche molto diverse è di sicura utilità in qualunque ambito professionale. Nell’era digitale la qualità delle informazioni (applicabilità, affidabilità, impatto) gioca un ruolo centrale: un confronto costruttivo tra professionisti è utile ad incrementare la qualità delle conoscenze.

E’ con immenso piacere che pubblichiamo la Nostra intervista a Gianni Massa, Vicepresidente Vicario del C.N.I., a cui abbiamo sottoposto alcune domande raccolte fra i Soci A.G.I.C. tramite il Presidente A.G.I.C., Danilo Picca.
Gianni Massa diviene Consigliere dell’Ordine di Cagliari nel 1997 e dal 2005 al 2009 assume la vicepresidenzadel Consiglio dell’Ordine, dal 2007 al 2010 è Presidente della Federazione Ingegneri Sardegna, di cui è attualmente Consigliere, infine dall’ottobre 2009 è Presidente del Consiglio dell’Ordine Ingegneri Cagliari che lascia nel 2011 per l’incarico di Vicepresidente del C.N.I. alle cui elezioni risulta il candidato più votato a livello assoluto nazionale.
Ingegnere Civile Edile, con una seconda laurea in Architettura, da sempre interpreta un ruolo analisi e ricerca delle “sovrapposizioni” ed interazioni culturali tra le differenti discipline che concorrono alla definizione della contemporanea professione di Ingegnere.

DANILO PICCA: Ciao Gianni, ti ringrazio a nome di tutti i Soci A.G.I.C. per averci concesso questa intervista. Da un po’ di tempo ti seguiamo ed abbiamo avuto modo di conoscerti ed incontrarti alcune volte durante l’ultimo anno.
Ricordiamo con piacere la serata passata con te alla festa del nostro Ordine di Cuneo, ma ancora prima l’incontro a Torino e poi al Saie di Bologna.
Seguendo le tue iniziative e la tua storia personale, conosciamo bene la tua spinta innovativa e la tua sensibilità verso i giovani ed è per questo che ci rivolgiamo a te per porti alcuni quesiti.
Come valuti l’attuale situazione del mondo dell’ingegneria?
Quale ritieni sia la questione più importante da affrontare?

GIANNI MASSA: Penso che la società sia cambiata e stia ancora cambiando e debba essere “letta” con logiche contemporanee.
L’ingegneria è trasversale, è sovrapposizione tra differenti discipline. Perché sta nel confine tra le idee e la realizzazione delle stesse. Il progetto, nella sua accezione più ampia, è sintesi di modelli, spesso in antitesi tra loro e non semplice sommatoria di risposta a obblighi normativi (basti pensare, per fare un esempio, a due tra i modelli che stanno alla base dei progetti delle macchine di Formula 1 e più in generale di tutta la ricerca nel campo della mobilità: velocità e sicurezza).
Sicuramente oggi c’è una nuova, nascente, consapevolezza sociale del ruolo dell’ingegneria, ma la strada da percorrere è lunga e complessa.
La questione più importante, a mio parere, è la ricerca di linguaggi plurali e condivisi. Il superamento di recinti autoreferenziali e monodisciplinari che non consentono di trovare una sintesi.

DANILO PICCA: La nostra impressione è che la figura dell’ingegnere non sia sufficientemente valorizzata. Come ritieni sia meglio procedere per risollevare la figura dell’ingegnere nel mondo del lavoro e nella società?

GIANNI MASSA: Non esiste nella nostra società un forte senso di appartenenza, un senso di comunità consapevole di costituire una tessera di un mosaico più complesso. Esiste forse un senso di orgoglio, quasi personale, dell’essere ingegnere.
Un fenomeno come questo non ha una causa ma una serie di concause tra le quali, certamente, anche l’inadeguatezza del sistema ordinistico alla sfida economica e sociale di questa epoca. Cause che, però, dipendono dalla società in tutte le sue componenti.
Secondo me è una questione culturale. E’ necessario introdurre elementi di cambiamento avviando processi di crescita nella società che partono dal riconoscimento del valore del linguaggio dell’ingegneria come di altri linguaggi. Percorsi che hanno a che fare con la consapevolezza collettiva e che necessitano di tanto tempo e di partecipazione attiva.
Parlare di se stessi, senza narrazione e ricerca di una trama comune, è stato il più grande errore commesso negli ultimi vent’anni.
Certo, la promozione sociale, politica e mediatica di altre culture rispetto alla nostra è stato ed è un nemico molto pericoloso, ma la battaglia si vince competendo, si vince con il confronto, con l’apertura, e non ricercando antistoriche difese di presunti status.
Abbiamo bisogno di un’ingegneria non autoreferenziale, che non pretenda di essere il centro di un universo che le ruota attorno (e il nostro mondo in questo ha necessità di continuare un lungo e complesso percorso di cambiamento). Questo, a mio parere, è l’approccio che potrà far riacquistare identità e autorevolezza.
La strada da seguire è quella che cerca di mettere in sintonia l’intero mosaico delle svariate tessere, costituite dai saperi e dalle competenze che è indispensabile attivare e far interagire per potersi porre concretamente ed efficacemente in una prospettiva in grado di metterci in condizione di affrontare, nel modo migliore, le sfide sempre nuove e sempre più complesse. E l’ingegneria è una disciplina ed una professione che, per il suo essere “ponte” tra pensiero e azione, può indirizzare e guidare questo rinascimento culturale.

DANILO PICCA: Troppo spesso il lavoro che facciamo risulta essere “carta” che nessuno guarda, risulta essere un confronto “scomodo” e un’onerosa incombenza.
La sensazione è che spesso la gente pensa che il professionista sfrutti “l’ignoranza” della gente su certe materie e sulle leggi per inventarsi lavori.
Sembra, a volte, che qualsiasi altro professionista o artigiano sia più degno di fiducia da parte dei clienti di noi ingegneri. Cosa si potrebbe fare per dare un’immagine diversa della nostra categoria?
Cosa credi che sarebbe necessario che facessero le istituzioni e i legislatori?
Cosa potremmo fare noi, singoli ingegneri, ed in quale contesto sarebbe più efficace lavorare?
Gli enti previsti dalla legge? Le associazioni spontanee? Altro?

GIANNI MASSA: Discorso complesso, questo. (Sorride)
La mia risposta può essere sintetizzata in una parola: valore.
Il valore non è un fatto meramente economico. E’ ciò che unisce competenza, conoscenza, professionalità, tradizione, innovazione, etica, narrazione.
Tutto ciò non può e non potrà mai essere ridotto ad un “adempimento burocratico” obbligatorio per legge. Mi chiedo, facendo un esempio, che valore dà la società alle certificazioni energetiche della classe più bassa.
Oppure che valore diamo, in qualunque campo, a prodotti che incarnano veramente la sintesi di ciò che ho scritto prima.
Ecco, il nostro modo di pensare, di agire, di raccontare, deve pervadere la società e arrivare fino al legislatore.
Troppo spesso chiediamo al legislatore e alla politica di risolvere problemi, ma dobbiamo essere noi ad agire e comportarci in modo che il legislatore operi secondo una volontà diffusa.
Chiaramente la mia è contemporaneamente una semplificazione ed una provocazione. Ma sono convinto che le azioni di cambiamento dipendano da ognuno di noi e dalla capacità di mettere in rete idee e impegni. E questo a partire dal nostro essere ingegneri.

DANILO PICCA: Hai un’agenda specifica per una “politica” sui giovani ingegneri?
Se sì, cosa prevedi di fare? Ci puoi dare un’anticipazione?

GIANNI MASSA: Oggi ho un nuovo ruolo nel Consiglio Nazionale. Un ruolo di nuove e maggiori responsabilità che nasce anche dal lavoro svolto dal network giovani. L’agenda sulle politiche giovanili del nuovo consiglio dovrà continuare il percorso intrapreso. Ampliare la rete, le connessioni tra e nei territori aprendo l’ordine professionale alla società.
Sicuramente i giovani, più di qualunque altro “pezzo” di categoria, possono e devono creare partecipazione attiva. Anche in questo caso è necessario continuare nel lavoro che il network ha fatto in questi ultimi anni.
Ricordo, anche a me stesso, che il network è riuscito a sovrapporre linguaggi e competenze, a dialogare e proporre insieme all’Assemblea dei Presidenti, insieme ai gruppi di lavoro. E’ riuscito a comunicare, a contaminare i contenuti del dibattito.
Ma molta strada è ancora da percorrere e proprio i giovani non devono chiudersi nel recinto del termine “giovani”. Devono rompere quel confine, devono superarlo anche trasformandosi in network delle idee, in un’officina permanente e non più in un luogo “esclusivo” dei giovani.
E poi discutere ancora più attivamente per arrivare ad animare dibattiti innovativi.
Cosa pensano oggi i “giovani” sui modelli organizzativi del lavoro professionale? Quali sono eventuali modelli innovativi da proporre nelle strutture professionali (siano esse private o pubbliche)? Quali sono le evoluzioni delle società nel mondo dell’ingegneria (mondo assolutamente poliedrico)? Il futuro sarà “monodimensionale” o “pluridimensionale”?

DANILO PICCA: Infine ti chiediamo una cosa personale.
Noi abbiamo un’idea di ciò che hai fatto fino ad ora ed intravediamo, anche con queste risposte, la tua azione futura, ma tu, invece, cosa credi che avrai lasciato al mondo dell’ingegneria nel 2021, dopo dieci anni ai vertici nazionali?
Cosa ti auguri, cosa ritieni che avrai realizzato e cosa credi sarà difficile riuscire a realizzare?

GIANNI MASSA: A dire il vero non ho una risposta unica e secca. Forse non ho neanche una risposta vera.
Perché non lo so. (Sorride) O forse conosco e individuo la direzione. (Sorride di nuovo)
So che provo ogni giorno a costruire percorsi sul confine.
Confine tra linguaggi diversi e purtroppo autoreferenziali (la politica, le professioni, l’impresa, il business, la cultura, le generazioni …).
Confine tra discipline che troppo spesso non comunicano.
Confine tra arti.
Confine tra disciplina e disubbidienza.
Confine tra azione e pensiero (tra il mondo del fare e il mondo del pensare).
Confine tra tradizione e innovazione, tra memoria e futuro.
So che sono convinto che pluralità e diversità sono un valore pazzesco per il futuro.
Mi chiedi: “cosa mi piacerebbe aver lasciato dopo questa esperienza”? Mi piacerebbe costruire, anche solamente accendendo una scintilla, la consapevolezza che è necessario “guardare altrimenti”. E, soprattutto guardare oltre il limite dei nostri linguaggi.
E quando guardi oltre il confine non conosci la “rotta”. Non puoi saperla. Devi guardare con occhi diversi (e plurali) il cammino senza avere un programma specifico (da “ingegnere”). Devi scegliere la direzione (e quindi i princìpi) e poi … navigare.
E quando navighi oltre il confine devi affrontare il mare aperto, a volte devi agitare le acque stagnanti, affrontando ogni momento, anche quelli più difficili, cercando di guardare al futuro.
È difficile, forse addirittura sbagliato, definire esattamente il programma di viaggio.
Importantissimo individuare la direzione, saper cambiare la rotta verso quella direzione, saperla governare.
Insieme a chi con te è salito e salirà sulla barca.
Certamente ci deve essere un comandante, un coordinatore. Chi, in ultima istanza, si prende la responsabilità delle scelte. Una categoria, come una squadra, si compone di caratteri e personalità molto differenti. Da chi ha necessità di essere guidato attraverso l’individuazione di compiti e obiettivi chiari e precisi (a volte elementari), a chi vuol vedere la direzione e si propone di farsi carico di una parte di funzionamento della nave insieme a te, a chi si assume la responsabilità di proporti cambiamenti di rotta, a chi non vuole conoscere né rotta né direzione ma sente di avere fiducia in una squadra e si mette a disposizione, a chi non vuole modificare le proprie convinzioni….
E’ importante, e ambizioso, saper valorizzare al meglio le caratteristiche di ognuno, anche con la consapevolezza che le scelte, pur spettandoti in ultima istanza, sono il frutto di un lavoro di squadra, di un tutto che non è la semplice somma delle parti.
E’ un esercizio difficile. Anch’esso al confine tra solitudine e molteplicità, tra unicità e pluralità.
Noi, da ingegneri, siamo stati formati, in particolare negli ultimi decenni, alla “scomposizione e addizione” (pensa per esempio alla scuola o all’università) quale metodo di costruzione di soluzioni a problemi complessi. Ma la complessità necessita di pluralità, interdisciplinarietà, connessioni (quelle vere, non quelle a parole), di processi abduttivi, di contaminazione tecnica e umanistica.
Ma, alla fine, mi piacerebbe, dopo questa esperienza, aver costruito l’opportunità perché almeno una scintilla possa accendersi.

DANILO PICCA: Grazie Gianni per l’amicizia dimostrata e l’impegno nel rispondere ampiamente alle Nostre domande. Buon lavoro ed a presto!

Per concludere, le risposte del Vicepresidente Vicario del C.N.I. lasciano intravedere un nuovo modo di approcciarsi al mondo dell’ingegneria, dinamico, contemporaneo, proiettato verso il futuro e fortemente innovativo.
Questo è un modo di vedere alla Nostra Professione che ci piace ed è proprio come vorrebbe essere la Nostra proposta a livello provinciale e che noi, come ci auguriamo, crediamo di aver veramente imboccato a sostegno del rilancio della professione di Ingegnere a livello locale:
faremo tesoro dei suoi suggerimenti.

Il Consiglio Diretivo A.G.I.C.